mercoledì 24 dicembre 2014

CAMPACCIO E LA SUA STORIA

Chissà se il vice presidente della Unione Sportiva Sangiorgese fondata nel 1922, Livio Mereghetti - nel prossimo marzo compirà 86 anni essendo nato il 17 marzo 1929 –  quel 10 marzo 1957, giorno della 1a edizione del cross del Campaccio, - toh nello stesso giorno nasceva anche un certo Osama Bin Laden - ci avrebbe scommesso qualche lira sulla possibilità di ritrovarsi 58 anni dopo a godersi ancora la sua creatura, quella messa al mondo da lui, allora 28enne, assieme a un manipolo di appassionati e baldi giovanotti (ormai tutti scomparsi) che, in omaggio a una storia locale in quel di San Giorgio su Legnano, battezzarono col nome macho di Campaccio (nel dialetto locale Campasc o Campazzo), padrino  Adolfo Consolini, il grande discobolo definito da Gianni Brera il “Dio degli stadi”?

No, anche se l'entusiasmo e la fiducia erano grandi, forse nemmeno papà Livio, abituato ad avere una visione realistica delle cose, ci avrebbe scommesso qualche lira. Oggi si potrebbe dire, celiando, “Peggio per lui!” perché la scommessa l'avrebbe vinta e alla grande. Ma come si faceva il quel lontano '57 a farsi illusioni sulla durata di una corsa campestre?

E' pur vero che se anche agli inizi degli anni '60 prendeva il via il cosiddetto “Miracolo economico”, i tempi non erano propriamente colorati di rosa (ma qui ci sarebbe da chiedersi se ci sono mai tempi di quel colore). Si pensi, ad esempio, che in meno di tre anni, dal marzo '57 al marzo '60, si succedettero ben cinque governi (Segni, Zoli, Fanfani, Segni, Tambroni). Ciò nonostante c'era negli italiani un gran fermento di iniziative, di voglia di riscatto dai tempi bui, dai perduranti nefasti della guerra. Ebbene, è proprio in questi fermenti che s'inserisce, sotto l'egida dello Sport, Mereghetti con la sua pattuglia d'assalto e col suo Campaccio.

Così, emessi i primi vagiti, nemmeno tanto timidi,

il Campaccio comincia a crescere tanto che nel '65, a soli nove anni, parla già tre lingue straniere: quella dello slavo Nedo Farcic che, fuor di metafora, mette addirittura in riga il fior fiore del nostro atletismo, quella svizzera e quella spagnola. Inizia da qui il suo cammino per il mondo tanto che è il mondo stesso a mettersi in marcia verso i campi di San Giorgio, quegli stessi campi nel circondario di Legnano che videro la grande battaglia tra gli eserciti di Federico Barbarossa e di Alberto da Giussano, battaglia celebrata da Giosuè Carducci nel componimento “Il Parlamento”.

Agli inizi degli anni '70 l'esercito degli atleti africani inizia l'invasione dell'Europa e del mondo. La prima vittoria di quel continente al Campaccio avviene nel '71e porta la firma dell'etiope Wohib Masreska. L'anno prima s'era aperta la corsa anche alle donne. Vinse Paola Pigni. Poi vi fu una sospensione finché la corsa al femminile riprese nel '75 per non fermarsi più. Quell'anno vinse la siciliana Margherita Gargano.

Tra le donne la prima straniera a imporsi fu la spagnola Carmen Valero, la prima africana fu l'etiope Merima Denboba. Col passare degli anni il Campaccio diventa sempre più importante, appetito dai più grandi campioni italiani e stranieri del mezzofondo e del fondo. Nel 1988 il Coni concede alla Società, che già vanta la Stella di bronzo e quella d'argento, la Stella d'oro al merito sportivo.

Un giovane che guardasse oggi le foto di quei primi decenni della corsa resterebbe allibito e incredulo nel vedere le siepi di folla che facevano da cornice al passaggio degli atleti. In quegli spettatori c'era sicuramente il piacere dello sport, anche se solo in veste passiva, ma forse c'era anche una punta di sadismo per vedere de visu la fatica immane che gli atleti compivano (e sempre compiono) per arrivare al traguardo col volto stravolto, spesso ricoperto da una maschera di fango, fossero (o siano) essi tra i primi o tra gli ultimi. Fatica che si svolge in tutte le condizioni di tempo, col freddo, con la pioggia, con la nebbia, con la neve, col fango, ogni tanto con un cielo celestrino nel quale fa capolino un occhio di sole. Ai giorni nostri, è vero, non è più proprio così: quelle siepi di folla sono solo un ricordo, si direbbe che anche il freddo, la pioggia, la nebbia, la neve, il fango non siano più quelli di una volta (anche se qualcosa è rimasto e si ripete, basti pensare all'oceanica nevicata che il 6 gennaio 2009 cadde sui campi di San Giorgio il giorno della gara). Ma il tempo passa e la Storia, pur ripetendosi, cambia. Adesso c'è la Televisione e ci sono una miriade di sport che allora c'erano e non c'erano e certe abitudini, certi modi di vivere non ci sono più e sicuramente non c'è più la stessa passione per l'Atletica. In quegli anni bastava dare al vincitore due lire, una coppa, un salame, un prosciutto. Oggi queste cose farebbero ridere: ci sono di mezzo i manager.  Anche gli atleti stessi, che pure ci sono sempre e sempre dei migliori, sono cambiati. Forse oggi manca quel grande pubblico anche perché la gente ha paura di sporcarsi le scarpe di fango...

Ma sia come sia dal 2011 la campestre di San Giorgio fa parte dell'esclusivo circuito Permit-IAAF. Nel 2006 la piccola cittadina alle porte di Milano – 6000 abitanti circa - è stata felice sede del Campionato Europeo di cross nonché negli anni di svariati campionati italiani.
Oggi, 6 gennaio 2015 - è dal 1990 che la data del 6 gennaio è diventata canonica - anno dell'Expo a Milano, il Campaccio compie gloriosamente 58 anni. Certo che li porta bene. Anzi, benissimo. Così come li porta bene, anzi benissimo, papà Livio. Chi glieli darebbe tutti quegli anni, visto il loro aspetto così giovanile?

Ma adesso tutti, tutti quelli che sanno Campaccio, si stringano in un forte abbraccio attorno all'illuminato presidente Claudio Pastori e all'impareggiabile tessitore Sergio Meraviglia, altro vice presidente, responsabile del coordinamento organizzativo, nonché a tutti coloro che hanno contribuito a far grande grandissimo il Campaccio, e alzino una scintillante coppa di Brut. Auguri! Auguri! E cento di questi giorni.

Ennio Buongiovanni
 

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