Chissà se il vice
presidente della Unione Sportiva Sangiorgese fondata nel 1922, Livio Mereghetti
- nel prossimo marzo compirà 86 anni essendo nato il 17 marzo 1929 – quel 10 marzo 1957, giorno della 1a edizione
del cross del Campaccio, - toh nello stesso giorno nasceva anche un certo Osama Bin Laden - ci avrebbe scommesso qualche lira sulla possibilità di ritrovarsi
58 anni dopo a godersi ancora la sua creatura, quella messa al mondo da lui,
allora 28enne, assieme a un manipolo di appassionati e baldi giovanotti (ormai
tutti scomparsi) che, in omaggio a una storia locale in quel di San Giorgio su
Legnano, battezzarono col nome macho di Campaccio (nel dialetto locale Campasc o Campazzo), padrino Adolfo Consolini, il grande discobolo definito da Gianni Brera il “Dio degli stadi”?
No, anche se
l'entusiasmo e la fiducia erano grandi, forse nemmeno papà Livio,
abituato ad avere una visione realistica delle cose, ci avrebbe scommesso
qualche lira. Oggi si potrebbe dire, celiando, “Peggio per lui!” perché la
scommessa l'avrebbe vinta e alla grande. Ma come si faceva il quel lontano '57
a farsi illusioni sulla durata di una corsa campestre?
E' pur vero che se
anche agli inizi degli anni '60 prendeva il via il cosiddetto “Miracolo
economico”, i tempi non erano propriamente colorati di rosa (ma qui ci sarebbe
da chiedersi se ci sono mai tempi di quel colore). Si pensi, ad esempio, che in
meno di tre anni, dal marzo '57 al marzo '60, si succedettero ben cinque
governi (Segni, Zoli, Fanfani, Segni, Tambroni). Ciò nonostante c'era negli
italiani un gran fermento di iniziative, di voglia di riscatto dai tempi bui,
dai perduranti nefasti della guerra. Ebbene, è proprio in questi fermenti che
s'inserisce, sotto l'egida dello Sport, Mereghetti con la sua pattuglia
d'assalto e col suo Campaccio.
Così, emessi i primi vagiti, nemmeno tanto timidi,
il Campaccio comincia a crescere tanto che nel '65, a soli nove anni, parla già tre lingue straniere: quella dello slavo Nedo Farcic che, fuor di metafora, mette addirittura in riga il fior fiore del nostro atletismo, quella svizzera e quella spagnola. Inizia da qui il suo cammino per il mondo tanto che è il mondo stesso a mettersi in marcia verso i campi di San Giorgio, quegli stessi campi nel circondario di Legnano che videro la grande battaglia tra gli eserciti di Federico Barbarossa e di Alberto da Giussano, battaglia celebrata da Giosuè Carducci nel componimento “Il Parlamento”.
Agli inizi degli
anni '70 l'esercito degli atleti africani inizia l'invasione dell'Europa e del
mondo. La prima vittoria di quel continente al Campaccio avviene nel '71e porta
la firma dell'etiope Wohib Masreska. L'anno prima s'era aperta la corsa anche
alle donne. Vinse Paola Pigni. Poi vi fu una sospensione finché la corsa al
femminile riprese nel '75 per non fermarsi più. Quell'anno vinse la siciliana
Margherita Gargano.
Tra le donne la prima straniera a imporsi fu la spagnola
Carmen Valero, la prima africana fu l'etiope Merima Denboba. Col passare degli
anni il Campaccio diventa sempre più importante, appetito dai più grandi
campioni italiani e stranieri del mezzofondo e del fondo. Nel 1988 il Coni
concede alla Società, che già vanta la Stella di bronzo e quella d'argento, la
Stella d'oro al merito sportivo.
Un giovane che guardasse
oggi le foto di quei primi decenni della corsa resterebbe allibito e incredulo
nel vedere le siepi di folla che facevano da cornice al passaggio degli atleti.
In quegli spettatori c'era sicuramente il piacere dello sport, anche se solo in
veste passiva, ma forse c'era anche una punta di sadismo per vedere de visu la
fatica immane che gli atleti compivano (e sempre compiono) per arrivare al
traguardo col volto stravolto, spesso ricoperto da una maschera di fango,
fossero (o siano) essi tra i primi o tra gli ultimi. Fatica che si svolge in
tutte le condizioni di tempo, col freddo, con la pioggia, con la nebbia, con la
neve, col fango, ogni tanto con un cielo celestrino nel quale fa capolino un
occhio di sole. Ai giorni nostri, è vero, non è più proprio così: quelle siepi
di folla sono solo un ricordo, si direbbe che anche il freddo, la pioggia, la
nebbia, la neve, il fango non siano più quelli di una volta (anche se qualcosa
è rimasto e si ripete, basti pensare all'oceanica nevicata che il 6 gennaio 2009
cadde sui campi di San Giorgio il giorno della gara). Ma il tempo passa e la
Storia, pur ripetendosi, cambia. Adesso c'è la Televisione e ci sono una
miriade di sport che allora c'erano e non c'erano e certe abitudini, certi modi
di vivere non ci sono più e sicuramente non c'è più la stessa passione per
l'Atletica. In quegli anni bastava dare al vincitore due lire, una coppa, un
salame, un prosciutto. Oggi queste cose farebbero ridere: ci sono di mezzo i
manager. Anche gli atleti stessi, che
pure ci sono sempre e sempre dei migliori, sono cambiati. Forse oggi manca quel
grande pubblico anche perché la gente ha paura di sporcarsi le scarpe di
fango...
Ma sia come sia dal
2011 la campestre di San Giorgio fa parte dell'esclusivo circuito Permit-IAAF.
Nel 2006 la piccola cittadina alle porte di Milano – 6000 abitanti circa - è
stata felice sede del Campionato Europeo di cross nonché negli anni di svariati
campionati italiani.
Oggi, 6 gennaio
2015 - è dal 1990 che la data del 6 gennaio è diventata canonica - anno
dell'Expo a Milano, il Campaccio compie gloriosamente 58 anni. Certo che li
porta bene. Anzi, benissimo. Così come li porta bene, anzi benissimo, papà Livio.
Chi glieli darebbe tutti quegli anni, visto il loro aspetto così giovanile?
Ma adesso tutti,
tutti quelli che sanno Campaccio, si stringano in un forte abbraccio attorno
all'illuminato presidente Claudio Pastori e all'impareggiabile tessitore Sergio
Meraviglia, altro vice presidente, responsabile del coordinamento
organizzativo, nonché a tutti coloro che hanno contribuito a far grande
grandissimo il Campaccio, e alzino una scintillante coppa di Brut. Auguri!
Auguri! E cento di questi giorni.
Ennio Buongiovanni
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